Poste Italiane, approvato piano industriale: investimenti, ma anche 20mila lavoratori a rischio e privatizzazione.
el piano industriale approvato per il 2015-2020 sono previsti 3 miliardi di investimenti in 5 anni, con l’obiettivo di arrivare a 30 miliardi di fatturato nel 2020.
L’Ad di Poste Italiane Francesco Caio ha così dichirato: “Un programma di crescita in investimenti, tecnologia e persone per un’azienda più trasparente e competitiva al servizio del Paese“. Aggiungendo che “non sono previsti licenziamenti, ma prosegue il programma di uscite agevolate già iniziato nel 2010, mentre sono previste 8 mila assunzioni, di cui il 50% tra giovani laureati e nuove professionalità“.
Ci sono alcuni punti che però meritano di essere analizzati. Leggiamo:
Il primo riguarda proprio l’occupazione: il piano prevede la chiusura di altri 500 sportelli dei 13.000 attuali – e naturalmente si tratta di quelli più periferici, che spesso svolgono non solo un servizio pubblico, bensì una primaria funzione sociale – e un piano di esuberi che dovrebbe aggirarsi sulle 15.000 persone degli attuali 143.000 dipendenti. La Cisl è più pessimista e parla di 20 mila lavoratori a rischio.
Altro punto interessante sono il servizio e le tariffe:
Si prevede una riduzione del servizio di recapito universale – socialmente utile ma decisamente poco remunerativo – e un innalzamento delle tariffe, perché come dice Caio: “(..) i cittadini sono abituati a pagare meno per consegne lente e di più per consegne veloci; questo è il mercato e noi ci adegueremo”.
Poi, c’è l’ombra lunga della privatizzazione confermata dal Governo.
In realtà, ciò che il piano industriale di Poste prefigura è la costruzione dell’orizzonte in cui poter finalmente privatizzare Poste Italiane, quotandone in Borsa il 40%; orizzonte che vede la Posta sempre più trasformarsi in una vera e propria banca.